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martedì 10 gennaio 2012

Incontri eretici: le verità alternative


Parliamo di eresia e di dogma cioè, nell'accezione comune, parliamo di certezze e di controcertezze. Tuttavia, se andiamo a ricercarne le etimologie, scopriamo agli occhi profani cose sorprendenti. La parola “eresia”, infatti, deriva da quella greca “airesis” che a sua volta deriva dal verbo greco “aireo” che significa “prendere”, “scegliere”. L’eresia è quindi etimologicamente una scelta: una scelta ideologica e di vita, non una controverità, ma un'altra verità.
“Dogma” invece deriva da “doxa”, “opinione”. Un dogma in origine era quindi un’opinione, tra le tante possibili, non una verità rivelata, non una certezza assoluta.
Se pertanto eresia vuol dire scelta e dogma opinione, significa che gli antichi greci coglievano nell’una e nell’altro un nucleo imprescindibile di libertà: la libertà di scegliere e la libertà di formarsi un’opinione. Eresia e dogma non erano in contrapposizione: rappresentavano solo opzioni differenti, declinazioni diverse della stessa libertà.

I fondamentalismi
E’ con la Chiesa che l’opinione, il dogma, diventa Verità con l'iniziale maiuscola, proveniente da Dio e quindi non tale da ammettere verità diverse; il Vero non può essere altro da quello che è, non c'è spazio per una pluralità di significati. Dogma diventa così sinonimo di verità assunta e incontrovertibile, mentre eretico è ritenuto qualsiasi tentativo di affermazione di una verità personale, soggettiva, collettiva o universale difforme dal dogma. Il primo comandamento viene assorbito nel dogma: “Non avrai altro Dio all'infuori di me” stabilisce che Dio, il Dio della Bibbia, è l'unico fondamento della verità. Chi conosce e fa sua – o pensa di conoscere – la parola di Dio, possiede la verità.
Con la Chiesa nasce quindi la contrapposizione insanabile tra chi cristallizza nel dogma la Verità e chi non lo accetta: si perde nei fondamentalismi la radice comune delle parole nella libertà, si dà origine allo scontro.
Ne vengono contaminati tutti campi del sapere, anche quello che dovrebbe essere il più antidogmatico: la conoscenza scientifica. Al dubbio, all'opinione, agli interrogativi, si sostituiscono la verità, la certezza, gli esclamativi. Il metodo scientifico diventa unica prova di realtà: se un fenomeno non è scientificamente accertato non è considerato vero, al di là anche delle più comuni evidenze. Con il nuovo dogma scientista si perdono i saperi umanistici, le conoscenze sapienziali, il mondo a cavallo con la filosofia, esoterico, cabbalistico, il mondo del vero sentire, dominato dalle menti neoplatoniche più raffinate e colte, ben lontano da certa ciarlataneria attuale. Ci vorrà il filosofo Feyerabend nel XX secolo per svelare la debolezza del metodo scientifico, la sua costruzione artificiale, per asserire come spesso sia il caso a governare la scoperta scientifica.

L'idea
Per queste e altre ragioni, noi di Commonlands abbiamo pensato che possa essere stimolante organizzare un evento (o magari più d’uno) che abbia come tema il contrasto tra il pensiero dominante – il dogma – e i pensieri alternativi – le eresie. Vorremmo pertanto non limitarci al solo aspetto religioso, ma prendere in considerazione altri campi del sapere e persino aspetti tratti dalla vita di tutti i giorni.
Gli spunti saranno presi da figure di grandi “eretici” in senso lato, che hanno aperto nuove strade della conoscenza e dell'esperienza.
L'incontro o gli incontri si potrebbero tenere in un luogo caratteristico del territorio e, in tale contesto, verranno affrontati alcuni casi di “eresia”, con l'aiuto di esperti e con la partecipazione attiva del pubblico.


Gli argomenti

Ecco alcuni tra gli stimoli eretici a cui abbiamo pensato e che ci sembrano particolarmente intriganti; li elenchiamo in puro disordine, come tanti colorati mattoncini Lego da scomporre e ricomporre in nuove affascinanti geometrie e funzioni:
  • La figura di A. Olivetti e la sua impresa: investimenti vs tagli dei costi in tempo di crisi. 
  • Il Dadaismo e il Surrealismo nell'arte contemporanea.
  • La Tarte Tatin: un dessert nato sbagliato. 
  • Eresie gastronomiche: la frittura al glucosio e la mantecatura con azoto liquido; la cucina molecolare di Hervé This (con ricette!). 
  • Steve Jobs, una vita a giocare a “Lascia o Raddoppia?”. 
  • Isaac Newton, fisico e teologo contro la Trinità.
  • L'integralismo di Gandhi e la guerra non violenta. 
  • L’umanesimo: l’uomo che si fa dio. 
  • La banca dei più poveri: Mohamed Yunus e la Grameen Bank. 
  • Il Piaggio MP3: lo scooter a tre ruote. 
  • Il paradigma di Kuhn e il contrometodo di Feyerabend.
  • L’Alzheimer, la clinica senza farmaci e la Wii. 
  • La cupola del Brunelleschi: perché non cade? 
  • La riforma della psichiatria nella geniale follia di Basaglia. 
  • Il cinema di Luis Bunuel e i pugni nello stomaco del conformismo. 
  • Caravaggio, criminale, innovatore, postmoderno. 
  • Sun Tzu, l'Arte della Guerra e il weiqi: la tradizione altrui, un'eresia per i nostri strateghi. 
Ci piacerebbe molto sapere che cosa ne pensate.

domenica 8 gennaio 2012

Sei riflessioni, anzi sette sul paesaggio

E' una splendida giornata di sole qui ad Albairate. Fa freddo, sì. Ma non tanto da diminuire la voglia di stare all'aria aperta (tra poco riattivo la bici per un giro salutare lungo l'alzaia del Naviglio Pavese). Intanto dalle finestre della mia casa si vedono (evento raro) gli Appennini e le Alpi.

Mi godo questi panorami e riprendo il libro di Salvatore Settis per scrivere un breve commento ammirato alle sue tesi. non voglio aggiungere nulla al pensiero di Settis, è solo un modo per cercare qualche utile connessione con l'idea dei Landscape Watchers che sta germogliando in Commonlands. Ho titolato questo post "sei riflessioni più una", si capirà poi perchè non "sette", tanti quanti sono i capitoli del libro di Settis.

1.Una bomba a orologeria
"Il paesaggio è il grande malato d'Italia", un appello ai governi per mettere mano seriamente a normative per curare il paesaggio e l'ambiente che, secondo Settis "non sono intesi da chi ci governa come preziosissimo CAPITALE TERRITORIALE bensì come una sorta di zavorra, un peso morto di cui liberarsi mediante operazioni speculative".

2.L'orizzonte dei diritti
"Chi ha diritto di parlare di paesaggi? Di proporre critiche all'andazzo corrente, di suggerire criteri di giudizio, immaginare rimedi alle devastazioni passate, presenti e future?". I paesaggi, come l'acqua e l'aria, sono un bene comune. Pertanto tutti hanno il diritto di parlarne, denunciare i sopprusi e proporre soluzioni. Oltre alla funzione estetica, storica ed culturale il paesaggio svolge anche una funzione terapeutica. "Secondo gli studiosi di environmental criminology" scrive Settis "il degrado del paesaggio, specialmente urbano, è un importante fattore che innesca comportamenti criminosi o violenti, al contrario, il miglioramento della situazione ambientale, cioè della qualità della vita, riduce o annulla l'incidenza dei comportamenti deviati".

3.Cultura ed etica della tutela
L'Italia non ha tra il 50% e il 60% dei beni culturali del mondo, come affermerebbe una fantomatica ricerca dell'Unesco. E' un dato che circola da qualche anno che però non ha alcun fondamento. Una leggenda che fa comodo a tutti i promotori dell'orgoglio nazionale. "Ma sono anche - lamenta Settis - "dimostrazioni, davvero desolanti di irresponsabile superficialità e approssimazione". E' una delle tante manifestazioni dell'ITALIA CIALTRONA, che si accontenta dei titoli e degli slogan senza scavare alla ricerca del significato delle cose. "Quasi nessuno dice che questi dati sono inesistenti, che non c'è mai stata un'indagine svolta dall'Unesco" tranne un censimento dei siti Unesco dal quale risulta che l'Italia detiene sì il primo posto ma con appena il 4,9% del totale, appena avanti la Spagna.

4.Tutelare il paesaggio
... eppure di tutela del paesaggio se ne parla in politica da sempre. Perchè è necessario tutelare il paesaggio? "Un altissimo interesse morale e artistico (scriveva Benedetto Croce) legittima l'intervento dello Stato poichè il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della Patria...". Ma il progresso è l'ideologia dello sviluppo "capitalista" preferisce occuparsi d'altro deturpando il volto della Patria senza porsi troppe domande.

5.Costituzione, devoluzioni
L'art. 9 della nostra Costituzione recita che "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". E' vero siamo tra i pochi al mondo ad aver eletto il paesaggio tra i valori fondanti del nostro Paese. Sono davvero commosso di far parte di tale genia. Ma poi, la prassi quotidiana e l'innata tendenza italica al groviglio e al garbuglio, l'attuazione di tali principi è stata via via delegata alle Regioni, alle Provincie e infine (la subdelega finale) al Comuni con il risultato che "si è oscurata ogni visione d'insieme, e quasi dappertutto il paesaggio è diventata materia bruta, il luogo della speculazione e dello scambio (anche elettorale), non quello dell'identità e della patria". Un'altro volto dell'ITALIA CIALTRONA.

6.L'Italia si fa in tre: paesaggio,territorio, ambiente
Le norme che ci guidano utilizzano questi tre termini in modo dissennato: esiste "l'Italia del paesaggio (che è di spettanza dello Stato), l'Italia del territorio (il cui governo spetta alle Regioni) e l'Italia dell'ambiente (con competenze distribuite in modo tutt'altro che chiaro)". La confusione delle competenze è grave. Qual è il risultato per il cittadino? Qual è il vantaggio che ne può derivare da tali dispute verbalistiche? Il cittadino ha il diritto di chiedere al legislatore " se possa mai esistere un 'territorio' senza paesaggio e senza ambiente, o un 'ambiente' senza territorio e senza paesaggio, o un 'paesaggio? senza territorio e senza ambiente".
Il garbuglio linguistico rallenta le politiche sane sul paesaggio, la speculazione invece procede spedita senza intoppi.

7.Noi,i cittadini (appello)
Il paesaggio, l'ambiente, il territorio i parchi naturali, i centri storici sono prima di tutto NOSTRI.
Proviamo a ricostituire un sentimento di responsabilità comune stimolando il controllo a livello microterritoriale e favorendo la diffusione delle criticità ma anche delle buone pratiche attraverso ogni mezzo, a cominciare da Internet e i social media. Partiamo dall'idea dei landscape watchers, i guardiano del paesaggio e diamoci un primo appuntamento questa primavera per parlarne e promuove iniziative comuni.

martedì 20 dicembre 2011

Landscape watchers, i guardiani del paesaggio

Si moltiplicano gli appelli al Governo e al Presidente della Repubblica per accrescere l'attenzione sul paesaggio italiano e richiedere politiche di tutela e azioni di sensibilizzazione sociale.
Mantenere integro il paesaggio è una priorità per noi e per il futuro. E' un impegno che deve coinvolgere chi decide e chi invece nei paesaggi vive. Si perchè il paesaggio è un sinonimo di luogo, e nei luoghi la gente vive, lavora e si incontra per sviluppare relazioni sociali. E' superfluo ricordare che Commonlands ha molto a cuore il paesaggio, come molte altre associazioni italiane del resto. Pochi mesi fa ha realizzato nel comune milanese di Albairate la prima ricerca di neuromarketing per "certificare" l'impatto emozionale del paesaggio, il test è servito per arricchire il PGT di un approccio scientifico  - anzi neuroscientifico - a supporto delle decisioni di future destinazioni degli spazi extraurbani. Tutto ciò è bello, ma non basta! Occorre aumentare la consapevolezza sociale riguardo alla necessità di tutelare il paesaggio. Occorre anche promuovere strumenti nuovi di stimolo ai decisori con il coinvolgimento "dal basso" che portino il tema dalla tutela e, aggiungo, della valorizzazione del paesaggio come risorsa anche economica nei primi posti delle agende della politica locale e regionale.
In sostanza, occorre creare delle figure che svolgano a livello locale la funzione di "guardiani" del paesaggio, dei veri e propri Landscape Watcher, che in ogni comune italiano tengano attivo il controllo sul paesaggio, ne verifichino lo stato e segnalino i problemi e le aggressioni. Commonlands attiverà a breve un blog per raccogliere le testimonianze in arrivo e a fine anno pubblicherà un ebook (Libro Bianco sul paesaggio italiano) contenente i casi più critici ma anche gli interventi virtuosi.
Il programma Landscape Watcher partirà ufficialmente il 20 gennaio 2012 con la presentazione del programma e delle iniziative previste per il lancio.

venerdì 16 dicembre 2011

Cronache dalla Tanzania


Ho il piacere di pubblicare l'email di Giulia che si trova in Tanzania e racconta, quasi in tempo reale e con grande semplicità e trasporto emotivo la propria esperienza in un mondo che nonostante Internet resta distante.  
Grazie Giulia

Ciao, 
ci sono degli sprazzetti di internet.
Vediamo se riuscirò a mandare questo saluto tanzanotto.
Tutto bene, sto scrivendo in maniche corte!
In realtà sta iniziando la stagione delle piogge e c’è spesso un cielo dublinese, ma si sta proprio bene come temperatura, mi sembra di essere ad Asiago in estate. Un bel temporalone al giorno che con il tetto di zinco fa un rumore fortissimo, divertente.
Che racconto... che l’Africa ogni tanto fa proprio bene, altro che servizio militare.
Ti richiede una pazienza infinita, ti scombussola e contraddice parecchi criteri di giudizio, ti ricorda che ci vuole poco, quasi niente. A me piace.
Il villaggetto è simpatico, piccolino. Sembra un presepietto, animali, gente, case, negozietti tutti vicini vicini vicini.
C’è una città grande non troppo lontano (fatto un paio di gite) quindi qui c’è gran varietà di ingredienti, mai mangiato riso e fagioli.
La guest house dove sono è gestita da donna Teresa, arzilla e spettacolare 84enne dalla Valle D’Aosta che tiene ben sull’attenti le cuoche, giardinieri e tuttofare. A suo agio con email e skype, una bomba.
Sono stra adorata da Sherif, il cane della casa. Non si capacita ancora di essere coccolato un pò, mi sta sempre addosso . gni volta che lo vedo gli raccomando che non voglio vedere nemmeno un lombrico qui intorno. Pare siano diffusi i cobra qui, ne hanno ucciso un paio poco tempo fa (non ho voluto sapere dove li hanno trovati) e ne hanno visto uno settimana scorsa lungo la strada. Ma l’importante è che io non li veda. Me la sto cavando molto bene con le lucertolone giganti (ma proprio grandi) dai colori impossibili.
Le becco spesso che fan flessioni, assurdo, van su e giù velocissime con le zampone anteriori. Ci tengono proprio.
Ritmi tranquilli dai... e non è che mi sto proprio affannando o cosa.. se non hanno voglia di darmi i dati, li recupero dal lavoro fatto a maggio nell’altro ospedale.
Questo ospedale è più grande, mi sembra molto incasinato... eppure ho scoperto che c’è stato pure un progetto di cooperazione giapponese per l’applicazione del Kaisen. Va beh ... la stessa cooperazione pone grandi questioni a volte.
Se dopo due settimane saltano ancora fuori per caso nuovi nomi di persone che lavorano nell’ospedale e quelli dell’amministrazione non hanno voglia di fare una lista completa di tutti i nomi, beh... chi c’è c’è e chi non c’è, “pole”!
Pole è la parola in swahili che mi piace di più e che sto usando alla grande... vari significati: “mi spiace”,  “C...I tuoi” e “piano”, perfetta per quasi tutte le situazioni insomma.
La valigia è arrivata una settimana dopo di me, era stata data per “scomparsa” i primi 4 giorni, bella sensazione.
E  fino all’ultimo una sofferenza... dalla capitale l’hanno mandata qui su una specie di autobus che è arrivato ore ed  ore in ritardo causa camion di traverso sulla strada.
Ma questo ritardo mi ha dato modo di scoprire il locale figone della città... MIAMY BEACH.
La faccio breve, seratona indimenticabile grazie al Cetto Laqualunque di Iringa, un ippopotamo dalle sembianze umane che ha pagato per tutti dentro il locale.
Unico nel modo in cui estraeva una banconota alla volta e la sbatteva sul tavolo (pezzettini piccoli cosi la cosa è durata un sacco di tempo). Non ho potuto rifiutare una bottiglia di vino (aceto zuccherato, non son riuscita a mandarlo giù, impossibile) e non sentire le doti da imprenditore..continuava a dirmi che lui fa “wood e shops”. Alla fine ho capito che gestisce il traffico nero di legname pregiato della zona e controlla il pizzo dei negozi della città. Ha il suo bel da fare.
Poi è saltato fuori un tipo dall’italiano perfetto (con accento bolognese), 3 anni in Italia con Enel , cose varie ma la chicca è il suo viaggio con un amico in motocicletta: Iringa-Ferrara (Italy). Temo sia vero. 3 mesi. Tanzania, Kenya, Ethiopia, Sudan, Egitto, Grecia (traghetti vari), Bari e su... son riusciti a far resuscitare la moto 5 volte.
Insomma, quasi quasi speravo che la valigia ritardasse ancora.
Altra cosa degna di nota.... mio nuovo record. 5.45 di messa in swahili. Che se contiamo i balli e processioni fuori dalla chiesa prima di entrare fanno 7 ore.
Entrati in chiesa alle 10, usciti alle 15.45. Il tutto su banco di legno senza schienale. Ho avuto momento di crisi forte alle 13 poi... beh, perso la cognizione spazio temporale e mi veniva da ridere. Festeggiavano il 25esimo di varie suore, l’entrata di  qualche nuovo pretino giovane. Parenti venuti in autobus dall’Uganda, spettacolare. Le suore addobbate come alberi di natale, festoni di natale al collo, collanone fiori plastica terrificanti in testa. Alla suoretta più vecchia han fatto coroncina con lucette di natale. Le varie foto venivano fatte vicino presa corrente per poter accendere le luci e quindi la suora. Favoloso.
Dublino me la sento molto lontana ma la mental health neanche tanto... due settimane fa salvata per un pelo bimba di un mese sotterrata viva dalla madre.
Anche questa è Africa, sì. Va dosata. Europei calati in queste realtà x troppo tempo... niente da fare, li vedo quasi tutti inaciditi ed incattiviti dalla stanchezza e lontananza. Mi sento privilegiatissima poter fare questi intervalli brevi, ottimi.
L’altro giorno chiedo ad uno degli italiani qui se rientra per Natale e mi risponde “cosa vuoi che rientri per sentirmi fare le solite cretine domande sull’Africa”.
Se un giorno mi sentirete dire una cosa del genere, tiratemi pure una sberla e preoccupatevi, Grazie. Io torno volentieri per Natale (niente Zanzibar, amen) e spero raccontarvi altre chicche!
Intanto continuo a far scorta di frutta buona buonissima che ci sarebbe da commuoversi mentre la si mangia.

sabato 17 settembre 2011

Il paesaggio non può attendere

Questa settimana Commonlands, in collaborazione con 1to1lab, ha partecipato attivamente al dibattito sul valore del paesaggio presentando ad Albairate (Mi) i risultati della prima ricerca di neuromarketing realizzata a supporto della realizzazione del PGT (Piano di Governo del Territorio) del Comune di Albairate. Il convegno si è svolto il 16 settembre ed è stato preceduto da una conferenza stampa il lunedì precedente, in una giornata di sole e cielo azzurro, su un battello, solcando il Naviglio Grande. Ecco, di seguito, una testimonianza video tratta dalla webtv Città Oggi: www.cittaoggi.tv/video/naviglio-battello

venerdì 9 settembre 2011

Trabucchi e cemento, la morte del drago

Capita a tutti di organizzare i propri ricordi legandoli a particolari immagini o ad emozioni forti. Lo fanno i bambini nella fase iniziale del loro percorso di comprensione della realtà, si creano dei prototipi che svolgeranno la propria funzione di decodifica per tutta la vita costituendo per la persona un patrimonio cognitivo di grande importanza. Il trabucco è per me un prototipo.
Lo è diventato negli Anni Sessanta quando ho avuto la fortuna di abitare nei pressi della costa molisano-abruzzese. In quegli anni ho scoperto il mare e le sue bellezze, tra queste la strana ma affascinante architettura del trabucco. Ricordo ancora la prima volta che lo vidi. In realtà lo registrai prima con gli occhi della fantasia e poi gli diedi il significato funzionale di strumento per la pesca. Il trabucco era un drago di terra, con il lungo collo proteso verso il mare alla ricerca di qualche incauto marinaio da catturare e mangiare. A quell’età da adolescente l’idea che si trattasse di mezzo per pescare mi appariva riduttiva rispetto al grande potenziale emozionale evocato dal “drago”. C’erano trabucchi dovunque, dal Gargano fino ad Ortona, un vero invasione di pazienti rettili primordiali che popolavano la costa e che guardavo con rispetto dai finestrini dell’auto quando percorrevamo la statale adriatica. Due anni fa, durante un viaggio in India per la precisione a Cochi nello stato meridionale del Kerala, mi è capitato di incorrere in uno strumento di pesca, del tutto analogo al trabucco, ancora utilizzato per la pesca.
Nonostante le differenze, frutto di tradizioni ed esperienze millenarie, quello per me era prima di tutto un trabucco e poi, naturalmente, un drago ancora attivo. I pescatori keralesi nel vedere il mio interesse mi chiesero di partecipare ad una sessione di pesca salendo sul palo di contrappeso per dare un contributo decisivo al movimento di immersione della rete in acqua e di estrazione. L’esperienza è stata utile e anche divertente. Intanto perché ho capito finalmente come funzionava il trabucco e poi perché ho sperimentato quanto duro lavoro si nasconde dietro questi strumenti frutto dell’ingegno creativo dell’uomo. Il trabucco, come tanti altri artefatti elaborati dagli umani per sopravvivere, merita senza dubbio il massimo rispetto. Poche settimane fa, sono tornato a Vasto per un breve periodo di vacanza. In realtà si è trattato di una bella occasione per fare alcuni percorsi cicloturistici tra le strade abruzzesi abbinando serate interessanti sul piano culturale (bella la manifestazione Book and Wine) e gastronomico… Ma non solo. Ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere persone che amano la propria terra e la proteggono dagli assalti del cemento e del degrado. Gli Amici di Punta Aderci (www.amicidipuntaderci.it) sono certamente tra questi. Si tratta di un’associazione di appassionati ambientalisti che si sono prefissi di difendere lo splendido ambiente di Punta Aderci (un tratto di costa bellissimo presso il porto di Vasto) dai tentativi continui da parte delle forze del male, quelle forze che Salvatore Settis considera come la causa della malattia del paesaggio italiano. Ho aderito senza pensarci all’associazione che esprime a livello locale lo stesso spirito che anima Commonlands e che ci vede più che sensibili all’integrità del nostro patrimonio paesaggistico. Ma, le forze del cemento a volte riescono a completare il proprio disegno diabolico.
Lo hanno fatto proprio a danno della costa prospicente un trabucco, si proprio quel trabucco che da decenni è un riferimento cognitivo per me (ma per migliaia di altre persone). Il drago della mia infanzia è stato recintato da un muro di cemento che lo isola dall’entroterra e priva tutti noi di quell’immagine selvaggia e armoniosa che lega quell’artefatto millenario al proprio ambiente. Il danno non è, naturalmente, economico. E’ una lacerazione del mio, nostro immaginario cognitivo che così alterato non potrà fornire più alimento alla fantasia dei sognatori di draghi. Peccato!

mercoledì 3 agosto 2011

I sapori dei saperi

L’espressione cultura del territorio va oggi di gran moda e non solo nelle cantine e nelle cucine, ma anche nelle assisi politiche o in coloro che per far fronte alla disgregazione dell’economia globale, ad essa vogliono opporre il recupero della ricchezza delle produzioni locali che si esprime o con la difesa nazionalistica dei frutti dell’italico ingegno o con la poco felice e un po’ oscura formula del glocalismo.
Preferisco invece pensare all’idea di diversi territori connessi, passando quindi dall'espressione "nostro territorio" a quella di "nostre connessioni territoriali" intendendo in questo modo la possibilità di contaminazioni tra realtà locali distanti che si integrano in una realtà più estesa, un locus fluidus, che non sia indefinito, ma che possa avere molte e diverse definizioni, molti e diversi con-fini, intesi simultaneamente come perimetri e finalità, ma non come frontiere.
L’uso del termine cultura in generale non mi piace né con la maiuscola né senza. Puzza di scuola (le scuole puzzano di pessimi detersivi, ormoni instabili, idee stantie, ignobili motivazioni e - spesso - insegnanti sciatti), di insopportabile - per me che pur sono liberale - pensiero crociano. Mi piace di più l'idea di sapere e saperi. Perché? Perché c'è quella radice sap che li accumuna ai sapori e che deriva dal sale. Il sale dell'intelligenza che dà sapore al sapere. Il sapere si gusta, come le cose buone. Il sapere è volto al futuro, la Kultura al passato; il sapere è generativo, la Kultura fa compiacere delle proprie riflessioni; il sapere si proietta verso gli altri, spinge alla collaborazione, alla ricerca, la Kultura ne è la cristallizzazione spesso intimista. Secondo me la fase progettuale di un'iniziativa allo stato nascente è quella della ricerca e creazione dei saperi, quella dei giorni che precedono il sabato della Genesi.