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venerdì 29 ottobre 2010

Esprimi le tue opinioni sul Manifesto

Survey per commentare i temi del Manifesto di programma di Commonlands.

In questi giorni nasce a Milano l’associazione culturale Commonlands con l’obiettivo di definire alcune priorità di intervento per lo sviluppo del nostro Paese per i prossimi dieci anni (2010-2020).
Il punto di partenza è il Manifesto, incentrato su tre dimensioni principali:
  • identità e tradizione 
  • cultura ecodigitale e innovazione 
  • etica e sostenibilità 

L’obiettivo del Survey è di stimolare immediatamente il dibattito sui dieci temi del Manifesto chiedendo ad un gruppo di 300 opinion leader di aiutarci a focalizzare meglio gli argomenti e a cogliere la loro pertinenza rispetto alle priorità di intervento dei prossimi dieci anni.
  • come si può migliorare l’immagine dell’Italia nel mondo? 
  • possiamo puntare sulla promozione dello Stile Italiano come leva strategica per ripartire? 
  • qual è la forza reale dei territori, incubatori di idee, creatività, microimprese e innovazione? 
  • le nuove tecnologie digitali e la tradizione del saper fare tipicamente italiana possono diventare il nuovo volano dello sviluppo? 

Certo, l’Italia sta vivendo un momento di grande difficoltà sul piano dell’economia, dell’occupazione, dell’ambiente e della sicurezza sociale. Ne siamo consapevoli. Ma siamo altrettanto certi che vi sono forze e capacità nei territori italiani che possono fornire nuovi impulsi allo sviluppo economico e sociale attraverso il filtro della cultura, che è uno straordinario generatore di valore di cui dovremmo renderci sempre più consapevoli.

Per compilare il Survey basta cliccare qui

I risultati del Survey, in forma di abstract saranno inviati a tutti i panelisti ai primi di dicembre 2010.

Grazie per la importante collaborazione.

Francesco Gallucci 

Presidente di Commonlands
Presidente di 1to1lab

martedì 12 ottobre 2010

Un paesaggio... “da favola”?

Sicuramente quello della Costiera Amalfitana, come molti altri sparsi sul territorio italiano, è un paesaggio da favola. Ma lo è di per sé: per il suo impatto emotivo, per la sua storia, per quello che rappresenta, per quello che comunica. C'è davvero bisogno di aggiungere elementi decorativi (innocui, d'accordo, ma di gusto quantomeno discutibile) ad una bellezza naturale, che non chiede null'altro che di essere ammirata e rispettata? O meglio: l'eliminazione di detti elementi decorativi, può davvero essere considerata una mancanza insopportabile e venir percepita come una privazione e un sopruso?
Sto alludendo ovviamente alla polemica, nata qualche mese fa, dopo la decisione del Sindaco di Furore, cittadina della Costiera Amalfitana appunto, di far rimuovere gli ormai famosi “nanetti di Biancaneve” , che da anni siamo ormai abituati a veder spuntare tra l'erba di prati ed aiuole, e non solo a Furore!
Prendo spunto da questa vicenda, per riflettere su un tema che a COMMONLANDS sta molto a cuore: il recupero del valore emozionale di un territorio e di un paesaggio.
E' ovvio che ognuno di noi è libero di addobbare la propria proprietà privata come meglio crede, ma quello di cui qui si discute, è se il PAESAGGIO, considerato un bene comune, sia un'entità degna di tutela e, in quanto tale, se possa essere soggetto destinatario di provvedimenti, che ne garantiscano non solo la salvaguardia, ma la valorizzazione.
Questo sindaco si è reso, a mio parere, protagonista di un'azione tanto provocatoria quanto meritevole, azione cui forse non è stata data la giusta interpretazione. Come era prevedibile, si è gridato allo scandalo, perchè in un Paese dove la malavita imperversa, la corruzione dilaga ed il lavoro scarseggia, in un piccolo comune è stata adottata un'ordinanza che "dichiara guerra a Biancaneve & co.". La Pubblica Amministrazione perde tempo! Considerazioni giuste, per carità, ma troppo scontate e superficiali.
Il punto è proprio questo: la poca sensibilità, che ormai tutti noi abbiamo, verso temi considerati di secondo piano. Impegnati come siamo a discutere su problematiche che l'agenda setting dei mass media ci propina quotidianamente, abbiamo perso il gusto e la capacità di occuparci di piccole cose che ci riguardano da vicino, che ci appartengono e ci accomunano. E' doveroso, a mio parere, riflettere su come lentamente si sia scivolati in un analfabetismo emozionale, che ci ha reso incapaci di distinguere tra il concetto di bello e quello di abbellito. Ormai la ridondanza è all'ordine del giorno in tutto quello che ci circonda: sembra quasi che l'uomo non sia più capace di godere e apprezzare ciò che lo circonda, senza aggiungerci qualcosa in più , qualcosa che lasci un segno, una traccia indelebile della sua presenza.
Un territorio, un paesaggio, uno scorcio, un vecchio sentiero, vanno preservati nella loro identità originaria, proprio per il valore intrinseco che hanno e per il valore aggiunto che riescono a dare a chi è in grado di goderne. Possiedono al loro interno una capacità identificativa della cultura che li ha prodotti, che va valorizzata e diffusa, in quanto patrimonio comune, fruibile da tutti, esattamente come lo rappresentano un quadro, un capolavoro della scultura, uno disegno di Leonardo. Temi come cultura, valorizzazione e tutela delle cose comuni, ricerca e certificazione del bello, sono spunti utili alla crescita individuale e al progresso di tutti.
E infine, per rimanere in sintonia con la nostra favola, lanciamo anche noi una piccola provocazione: cosa succederebbe se, per amore di protagonismo e in nome della ridondanza, qualcuno decidesse un giorno di far sgranocchiare a Monnalisa una bella...mela avvelenata?

lunedì 11 ottobre 2010

Il valore economico del paesaggio

Un buon paesaggio, che sia piacevole e identificativo del luogo, è un bisogno per tutti noi. Un buon paesaggio produce un senso di benessere, un cattivo paesaggio produce malessere. Il paesaggio incide anche sulle nostre azioni e sulle nostre scelte: un vino proveniente da un luogo bello può essere ritenuto migliore di uno proveniente da un luogo senza qualità (vedi più sotto); un paesaggio degradato riduce i freni inibitori e contribuisce al degrado sociale e alla criminalità (teoria della finestra rotta).Il buon paesaggio ha anche una grande importanza economica. In Italia il turismo produce circa il 30% del prodotto nazionale lordo, ma non esisterebbe turismo se non esistessero luoghi belli e interessanti da andare a vedere. Quando cerchiamo casa preferiamo, se ce la possiamo permettere, una casa "con vista" che costa sensibilmente di più di una analoga casa che si affacci su un cortile o su una strada caotica. negli alberghi le camere con vista costano di più delle camere sul retro. Anche i viticoltori si sono accorti che un buon paesaggio è un valore aggiunto alla produzione vinicola, poiché aiuta a vendere vino. Nel 2001, in una riunione di viticoltori dei Colli orientali del Friuli a Cividale a uno di essi scappò detto: “Se vogliamo restare sul mercato non basta più produrre vino: dovremo anche produrre paesaggio”. “Va bene - dissi io – mettiamoci d’accordo su come produrre un buon paesaggio". E facemmo la Carta di Cividale del paesaggio del vino che contiene dei criteri per fare in modo che un territorio, se non è stato già degradato, mantenga una buona qualità paesaggistica e se possibile la migliori. E ogni anno si svolge in Italia qualche convegno in cui si parla di paesaggio del vino.

(fonte: il sito del paesaggio, Arch.Roberto Barocchi, http://www.ilpaesaggio.eu)

giovedì 7 ottobre 2010

Home vs Visitors

Eric Fisher, studia le città cercando di mettere insieme più informazioni possibili e di rappresentarle sulle mappe.
In questo esempio è riuscito a raccogliere da flickr tutte le foto che erano provviste di informazioni georeferenziali (le coordinate del gps insomma) ed ha rappresentato con dei puntini rossi le foto scattate dai turisti e con dei puntini blu quelle scattate dai fotografi che vivevano in quella città.
Le macchie di colore rosso possono essere considerate dei Landmark, ossia i punti fondamentali con i quali la città è rappresentata e verrà fissata nell'immaginario collettivo.
I puntini blu sono la parte più intima della città quella più nascosta e che forse vale la pena andare a visitare.