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martedì 10 gennaio 2012

Incontri eretici: le verità alternative


Parliamo di eresia e di dogma cioè, nell'accezione comune, parliamo di certezze e di controcertezze. Tuttavia, se andiamo a ricercarne le etimologie, scopriamo agli occhi profani cose sorprendenti. La parola “eresia”, infatti, deriva da quella greca “airesis” che a sua volta deriva dal verbo greco “aireo” che significa “prendere”, “scegliere”. L’eresia è quindi etimologicamente una scelta: una scelta ideologica e di vita, non una controverità, ma un'altra verità.
“Dogma” invece deriva da “doxa”, “opinione”. Un dogma in origine era quindi un’opinione, tra le tante possibili, non una verità rivelata, non una certezza assoluta.
Se pertanto eresia vuol dire scelta e dogma opinione, significa che gli antichi greci coglievano nell’una e nell’altro un nucleo imprescindibile di libertà: la libertà di scegliere e la libertà di formarsi un’opinione. Eresia e dogma non erano in contrapposizione: rappresentavano solo opzioni differenti, declinazioni diverse della stessa libertà.

I fondamentalismi
E’ con la Chiesa che l’opinione, il dogma, diventa Verità con l'iniziale maiuscola, proveniente da Dio e quindi non tale da ammettere verità diverse; il Vero non può essere altro da quello che è, non c'è spazio per una pluralità di significati. Dogma diventa così sinonimo di verità assunta e incontrovertibile, mentre eretico è ritenuto qualsiasi tentativo di affermazione di una verità personale, soggettiva, collettiva o universale difforme dal dogma. Il primo comandamento viene assorbito nel dogma: “Non avrai altro Dio all'infuori di me” stabilisce che Dio, il Dio della Bibbia, è l'unico fondamento della verità. Chi conosce e fa sua – o pensa di conoscere – la parola di Dio, possiede la verità.
Con la Chiesa nasce quindi la contrapposizione insanabile tra chi cristallizza nel dogma la Verità e chi non lo accetta: si perde nei fondamentalismi la radice comune delle parole nella libertà, si dà origine allo scontro.
Ne vengono contaminati tutti campi del sapere, anche quello che dovrebbe essere il più antidogmatico: la conoscenza scientifica. Al dubbio, all'opinione, agli interrogativi, si sostituiscono la verità, la certezza, gli esclamativi. Il metodo scientifico diventa unica prova di realtà: se un fenomeno non è scientificamente accertato non è considerato vero, al di là anche delle più comuni evidenze. Con il nuovo dogma scientista si perdono i saperi umanistici, le conoscenze sapienziali, il mondo a cavallo con la filosofia, esoterico, cabbalistico, il mondo del vero sentire, dominato dalle menti neoplatoniche più raffinate e colte, ben lontano da certa ciarlataneria attuale. Ci vorrà il filosofo Feyerabend nel XX secolo per svelare la debolezza del metodo scientifico, la sua costruzione artificiale, per asserire come spesso sia il caso a governare la scoperta scientifica.

L'idea
Per queste e altre ragioni, noi di Commonlands abbiamo pensato che possa essere stimolante organizzare un evento (o magari più d’uno) che abbia come tema il contrasto tra il pensiero dominante – il dogma – e i pensieri alternativi – le eresie. Vorremmo pertanto non limitarci al solo aspetto religioso, ma prendere in considerazione altri campi del sapere e persino aspetti tratti dalla vita di tutti i giorni.
Gli spunti saranno presi da figure di grandi “eretici” in senso lato, che hanno aperto nuove strade della conoscenza e dell'esperienza.
L'incontro o gli incontri si potrebbero tenere in un luogo caratteristico del territorio e, in tale contesto, verranno affrontati alcuni casi di “eresia”, con l'aiuto di esperti e con la partecipazione attiva del pubblico.


Gli argomenti

Ecco alcuni tra gli stimoli eretici a cui abbiamo pensato e che ci sembrano particolarmente intriganti; li elenchiamo in puro disordine, come tanti colorati mattoncini Lego da scomporre e ricomporre in nuove affascinanti geometrie e funzioni:
  • La figura di A. Olivetti e la sua impresa: investimenti vs tagli dei costi in tempo di crisi. 
  • Il Dadaismo e il Surrealismo nell'arte contemporanea.
  • La Tarte Tatin: un dessert nato sbagliato. 
  • Eresie gastronomiche: la frittura al glucosio e la mantecatura con azoto liquido; la cucina molecolare di Hervé This (con ricette!). 
  • Steve Jobs, una vita a giocare a “Lascia o Raddoppia?”. 
  • Isaac Newton, fisico e teologo contro la Trinità.
  • L'integralismo di Gandhi e la guerra non violenta. 
  • L’umanesimo: l’uomo che si fa dio. 
  • La banca dei più poveri: Mohamed Yunus e la Grameen Bank. 
  • Il Piaggio MP3: lo scooter a tre ruote. 
  • Il paradigma di Kuhn e il contrometodo di Feyerabend.
  • L’Alzheimer, la clinica senza farmaci e la Wii. 
  • La cupola del Brunelleschi: perché non cade? 
  • La riforma della psichiatria nella geniale follia di Basaglia. 
  • Il cinema di Luis Bunuel e i pugni nello stomaco del conformismo. 
  • Caravaggio, criminale, innovatore, postmoderno. 
  • Sun Tzu, l'Arte della Guerra e il weiqi: la tradizione altrui, un'eresia per i nostri strateghi. 
Ci piacerebbe molto sapere che cosa ne pensate.

domenica 8 gennaio 2012

Sei riflessioni, anzi sette sul paesaggio

E' una splendida giornata di sole qui ad Albairate. Fa freddo, sì. Ma non tanto da diminuire la voglia di stare all'aria aperta (tra poco riattivo la bici per un giro salutare lungo l'alzaia del Naviglio Pavese). Intanto dalle finestre della mia casa si vedono (evento raro) gli Appennini e le Alpi.

Mi godo questi panorami e riprendo il libro di Salvatore Settis per scrivere un breve commento ammirato alle sue tesi. non voglio aggiungere nulla al pensiero di Settis, è solo un modo per cercare qualche utile connessione con l'idea dei Landscape Watchers che sta germogliando in Commonlands. Ho titolato questo post "sei riflessioni più una", si capirà poi perchè non "sette", tanti quanti sono i capitoli del libro di Settis.

1.Una bomba a orologeria
"Il paesaggio è il grande malato d'Italia", un appello ai governi per mettere mano seriamente a normative per curare il paesaggio e l'ambiente che, secondo Settis "non sono intesi da chi ci governa come preziosissimo CAPITALE TERRITORIALE bensì come una sorta di zavorra, un peso morto di cui liberarsi mediante operazioni speculative".

2.L'orizzonte dei diritti
"Chi ha diritto di parlare di paesaggi? Di proporre critiche all'andazzo corrente, di suggerire criteri di giudizio, immaginare rimedi alle devastazioni passate, presenti e future?". I paesaggi, come l'acqua e l'aria, sono un bene comune. Pertanto tutti hanno il diritto di parlarne, denunciare i sopprusi e proporre soluzioni. Oltre alla funzione estetica, storica ed culturale il paesaggio svolge anche una funzione terapeutica. "Secondo gli studiosi di environmental criminology" scrive Settis "il degrado del paesaggio, specialmente urbano, è un importante fattore che innesca comportamenti criminosi o violenti, al contrario, il miglioramento della situazione ambientale, cioè della qualità della vita, riduce o annulla l'incidenza dei comportamenti deviati".

3.Cultura ed etica della tutela
L'Italia non ha tra il 50% e il 60% dei beni culturali del mondo, come affermerebbe una fantomatica ricerca dell'Unesco. E' un dato che circola da qualche anno che però non ha alcun fondamento. Una leggenda che fa comodo a tutti i promotori dell'orgoglio nazionale. "Ma sono anche - lamenta Settis - "dimostrazioni, davvero desolanti di irresponsabile superficialità e approssimazione". E' una delle tante manifestazioni dell'ITALIA CIALTRONA, che si accontenta dei titoli e degli slogan senza scavare alla ricerca del significato delle cose. "Quasi nessuno dice che questi dati sono inesistenti, che non c'è mai stata un'indagine svolta dall'Unesco" tranne un censimento dei siti Unesco dal quale risulta che l'Italia detiene sì il primo posto ma con appena il 4,9% del totale, appena avanti la Spagna.

4.Tutelare il paesaggio
... eppure di tutela del paesaggio se ne parla in politica da sempre. Perchè è necessario tutelare il paesaggio? "Un altissimo interesse morale e artistico (scriveva Benedetto Croce) legittima l'intervento dello Stato poichè il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della Patria...". Ma il progresso è l'ideologia dello sviluppo "capitalista" preferisce occuparsi d'altro deturpando il volto della Patria senza porsi troppe domande.

5.Costituzione, devoluzioni
L'art. 9 della nostra Costituzione recita che "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". E' vero siamo tra i pochi al mondo ad aver eletto il paesaggio tra i valori fondanti del nostro Paese. Sono davvero commosso di far parte di tale genia. Ma poi, la prassi quotidiana e l'innata tendenza italica al groviglio e al garbuglio, l'attuazione di tali principi è stata via via delegata alle Regioni, alle Provincie e infine (la subdelega finale) al Comuni con il risultato che "si è oscurata ogni visione d'insieme, e quasi dappertutto il paesaggio è diventata materia bruta, il luogo della speculazione e dello scambio (anche elettorale), non quello dell'identità e della patria". Un'altro volto dell'ITALIA CIALTRONA.

6.L'Italia si fa in tre: paesaggio,territorio, ambiente
Le norme che ci guidano utilizzano questi tre termini in modo dissennato: esiste "l'Italia del paesaggio (che è di spettanza dello Stato), l'Italia del territorio (il cui governo spetta alle Regioni) e l'Italia dell'ambiente (con competenze distribuite in modo tutt'altro che chiaro)". La confusione delle competenze è grave. Qual è il risultato per il cittadino? Qual è il vantaggio che ne può derivare da tali dispute verbalistiche? Il cittadino ha il diritto di chiedere al legislatore " se possa mai esistere un 'territorio' senza paesaggio e senza ambiente, o un 'ambiente' senza territorio e senza paesaggio, o un 'paesaggio? senza territorio e senza ambiente".
Il garbuglio linguistico rallenta le politiche sane sul paesaggio, la speculazione invece procede spedita senza intoppi.

7.Noi,i cittadini (appello)
Il paesaggio, l'ambiente, il territorio i parchi naturali, i centri storici sono prima di tutto NOSTRI.
Proviamo a ricostituire un sentimento di responsabilità comune stimolando il controllo a livello microterritoriale e favorendo la diffusione delle criticità ma anche delle buone pratiche attraverso ogni mezzo, a cominciare da Internet e i social media. Partiamo dall'idea dei landscape watchers, i guardiano del paesaggio e diamoci un primo appuntamento questa primavera per parlarne e promuove iniziative comuni.