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sabato 17 settembre 2011

Il paesaggio non può attendere

Questa settimana Commonlands, in collaborazione con 1to1lab, ha partecipato attivamente al dibattito sul valore del paesaggio presentando ad Albairate (Mi) i risultati della prima ricerca di neuromarketing realizzata a supporto della realizzazione del PGT (Piano di Governo del Territorio) del Comune di Albairate. Il convegno si è svolto il 16 settembre ed è stato preceduto da una conferenza stampa il lunedì precedente, in una giornata di sole e cielo azzurro, su un battello, solcando il Naviglio Grande. Ecco, di seguito, una testimonianza video tratta dalla webtv Città Oggi: www.cittaoggi.tv/video/naviglio-battello

venerdì 9 settembre 2011

Trabucchi e cemento, la morte del drago

Capita a tutti di organizzare i propri ricordi legandoli a particolari immagini o ad emozioni forti. Lo fanno i bambini nella fase iniziale del loro percorso di comprensione della realtà, si creano dei prototipi che svolgeranno la propria funzione di decodifica per tutta la vita costituendo per la persona un patrimonio cognitivo di grande importanza. Il trabucco è per me un prototipo.
Lo è diventato negli Anni Sessanta quando ho avuto la fortuna di abitare nei pressi della costa molisano-abruzzese. In quegli anni ho scoperto il mare e le sue bellezze, tra queste la strana ma affascinante architettura del trabucco. Ricordo ancora la prima volta che lo vidi. In realtà lo registrai prima con gli occhi della fantasia e poi gli diedi il significato funzionale di strumento per la pesca. Il trabucco era un drago di terra, con il lungo collo proteso verso il mare alla ricerca di qualche incauto marinaio da catturare e mangiare. A quell’età da adolescente l’idea che si trattasse di mezzo per pescare mi appariva riduttiva rispetto al grande potenziale emozionale evocato dal “drago”. C’erano trabucchi dovunque, dal Gargano fino ad Ortona, un vero invasione di pazienti rettili primordiali che popolavano la costa e che guardavo con rispetto dai finestrini dell’auto quando percorrevamo la statale adriatica. Due anni fa, durante un viaggio in India per la precisione a Cochi nello stato meridionale del Kerala, mi è capitato di incorrere in uno strumento di pesca, del tutto analogo al trabucco, ancora utilizzato per la pesca.
Nonostante le differenze, frutto di tradizioni ed esperienze millenarie, quello per me era prima di tutto un trabucco e poi, naturalmente, un drago ancora attivo. I pescatori keralesi nel vedere il mio interesse mi chiesero di partecipare ad una sessione di pesca salendo sul palo di contrappeso per dare un contributo decisivo al movimento di immersione della rete in acqua e di estrazione. L’esperienza è stata utile e anche divertente. Intanto perché ho capito finalmente come funzionava il trabucco e poi perché ho sperimentato quanto duro lavoro si nasconde dietro questi strumenti frutto dell’ingegno creativo dell’uomo. Il trabucco, come tanti altri artefatti elaborati dagli umani per sopravvivere, merita senza dubbio il massimo rispetto. Poche settimane fa, sono tornato a Vasto per un breve periodo di vacanza. In realtà si è trattato di una bella occasione per fare alcuni percorsi cicloturistici tra le strade abruzzesi abbinando serate interessanti sul piano culturale (bella la manifestazione Book and Wine) e gastronomico… Ma non solo. Ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere persone che amano la propria terra e la proteggono dagli assalti del cemento e del degrado. Gli Amici di Punta Aderci (www.amicidipuntaderci.it) sono certamente tra questi. Si tratta di un’associazione di appassionati ambientalisti che si sono prefissi di difendere lo splendido ambiente di Punta Aderci (un tratto di costa bellissimo presso il porto di Vasto) dai tentativi continui da parte delle forze del male, quelle forze che Salvatore Settis considera come la causa della malattia del paesaggio italiano. Ho aderito senza pensarci all’associazione che esprime a livello locale lo stesso spirito che anima Commonlands e che ci vede più che sensibili all’integrità del nostro patrimonio paesaggistico. Ma, le forze del cemento a volte riescono a completare il proprio disegno diabolico.
Lo hanno fatto proprio a danno della costa prospicente un trabucco, si proprio quel trabucco che da decenni è un riferimento cognitivo per me (ma per migliaia di altre persone). Il drago della mia infanzia è stato recintato da un muro di cemento che lo isola dall’entroterra e priva tutti noi di quell’immagine selvaggia e armoniosa che lega quell’artefatto millenario al proprio ambiente. Il danno non è, naturalmente, economico. E’ una lacerazione del mio, nostro immaginario cognitivo che così alterato non potrà fornire più alimento alla fantasia dei sognatori di draghi. Peccato!