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sabato 20 novembre 2010

Commonlands presenta il suo Manifesto

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martedì 30 novembre alle ore 20.30 presso l'atelier
Archè di Zoè
Cascina Riazzolo - Albairate (MI)
Menù della serata:
Aperitivo di benvenuto ai partecipanti
(con i fondatori: F. Gallucci, P. Poponessi; C. Clementi, L.A.Tarantola)
Degustazione temi e scopi dell'Associazione
(F.Gallucci, Presidente)
Assaggio di idee e progetti ecodigitali
(M. Giordani, Presidente Time & Mind, P.Poponessi, Vice-presidente Commonlands) 
Dessert:
Viaggio nell'archetipo dell'abito femminile (Hilde Zoè Maton)
Silvio Capeccia 
diffonderà dal vivo paesaggi sonori in modo continuo e sinuoso 
Saremmo lieti della Sua partecipazione.
Per chi non conoscesse il posto è stato organizzato un punto di ritrovo alle 20.15 nel parcheggio davanti alla biblioteca comunale, in via Cesare Battisti n. 2. 
Si prega di confermare la presenza all'indirizzo:  clementi.cristiana@gmail.com    Commonlands Blog

martedì 9 novembre 2010

Le ragioni della Cultura

Se qualcuno fosse tentato di chiedersi, in un momento di sconforto, che senso ha al giorno d'oggi creare una nuova associazione culturale, beh ecco che la risposta la potrebbe trovare in queste parole del Maestro Claudio Abbado.

"Motivi per cui è sbagliato fare tagli alla cultura"

  1. La Cultura arricchisce sempre
  2. La Cultura permette di superare ogni limite
  3. Chi ama la Cultura desidera conoscrere tutte le culture
  4. La Cultura è contro la volgarità e permettere di distingurere tra Bene e Male
  5. La Cultura è lo strumento con cui possiamo giudicare chi ci governa
  6. La Cultura è libertà di espressione e di parola
  7. La Cultura salva sempre
  8. Con la Cultura si sconfigge il disagio sociale delle persone
  9. La Cultura è il riscatto dalla povertà
  10. La Cultura fa sì che i nostri figli e nipoti possano andare un giorno a teatro a godere della magia della musica
  11. La Cultura è un bene comune primario, come l'acqua: biblioteche, musei, teatri, cinema sono come tanti acquedotti.
  12. La Cultura è come la vita e... La vita è bella. La Cultura è bellezza.
di Claudio Abbado
tratto da:Vieni via con me - RAI3, lunedì 8/11/2010

venerdì 5 novembre 2010

Riflettere, tra un albero e una gru

Prendo spunto da un evento che si sta svolgendo in questi giorni, il censimento periodico dell'agricoltura, di cui tutti abbiamo appreso dai media, per promuovere una riflessione comune. Prescindendo dal fatto di essere o meno coinvolti direttamente dal problema agricolo, il punto su cui volevo soffermarmi è se oggi, 2010, ma ancor più ovviamente negli anni a venire, siano ancora validi e replicabili i metodi e gli schemi mentali con cui sinora si sono affrontati temi di ordine generale, come possono essere, per fare un esempio, proprio quelli del verde, dell'agricoltura, del paesaggio.
Se finora abbiamo assistito a condivisibili, quanto scontati, incontri tra esperti, in cui si elencano i numeri della “disfatta”, ovvero: si quantificano i metri quadri di verde che vanno sparendo, si illustrano le difficoltà di sopravvivenza del mestiere di agricoltore, si proiettano diapositive che contrappongono, in una tautologica e sterile antitesi, immagini di cantieri, industrie, gru, a quelle di alberi, ruscelli, distese di grano, animali che brucano; se finora dunque, ci si è limitati ad analizzare il presente dicendo “ecco dove siamo arrivati...”, forse è giunto il momento di cambiare rotta, di attrezzarci con nuovi strumenti mentali e di introdurre uno stile di pensiero un po' meno stereotipato.
Analizzare i problemi del presente, deve significare inevitabilmente riflettere sul perchè questi problemi ci sono. E per farlo correttamente, non si può né prescindere dallo studio del passato, né dal prevedere come si svilupperà il futuro. Dovremmo impegnarci per cercare di individuare e comprendere “le leggi” che caratterizzano i processi storici. Gli strumenti necessari per farlo ce li fornisce,a mio avviso,non già uno stravagante ricercatore dei giorni nostri, ma una corrente di pensiero sviluppatasi in Francia all'inizio del '900, quella de Les Annales (una rivista che ancor oggi continua ad occuparsi del rinnovamento degli studi storici e delle scienze umane, in ambito internazionale).
Vorrei citare al riguardo, un autore che per la sua attenta e critica visione della storia, è a pieno titolo annoverato tra i grandi studiosi francesi: Marc Bloch, fondatore della rivista assieme a Lucien Febvre. Scriveva Bloch nel suo libro Apologia della storia o Mestiere di storico (di cui consiglio la lettura nell'edizione a cura di G. Arnaldi, Piccola Biblioteca Einaudi,1999): “La storia è per sua natura scienza del cambiamento (...).Essa riconosce nella natura umana elementi, se non permanenti, almeno durevoli (...) ed è per questo che può cimentarsi nel tentativo di penetrare l'avvenire”.
Con ciò Bloch intendeva dire che: “esaminando come ieri è stato diverso dall'altro ieri, e perchè,la storia trova in questo raffronto la possibilità di prevedere in che senso il domani, a sua volta, si opporrà all'ieri”.
Ma Bloch, nei suoi famosi studi sull'agricoltura medievale, aggiunge anche che la storia appartiene alle scienze umane, che il suo oggetto sono gli Uomini, che dietro ad ogni avvenimento, credenza, invenzione o tecnica, esiste l'Uomo, la sua coscienza e la sua mentalità e, come viene riportato da Lucien Febvre tracciando un suo profilo di Bloch, egli sostiene anche che: “Ci sono i campi, gli strumenti,le macchine... ma dietro a tutto questo ci sono gli uomini, le persone umane. E quel che la storia deve cogliere, sono precisamente le persone. Chi si arroga il nome di storico, ma senza il bisogno di trovare l'uomo là dove esso è,(…)non è che un erudito." Uscendo dai limiti cronologici di un periodo che egli conosceva profondamente, Bloch ci fornisce uno strumento validissimo per inquadrare le nostre problematiche in modo metodologicamente corretto: non possiamo rifiutare a priori i cambiamenti che il futuro ci riserva e non possiamo aspirare al cambiamento senza pensare di pagare qualche piccolo pegno. Dobbiamo invece occuparci,come priorità assoluta, dell'Uomo, per consentire che un ingegno responsabile divenga consapevole promotore di quei valori comuni che sono il primo patrimonio da valorizzare.
Ragionando in un'ottica di strumentalità tra passato e futuro,l'Uomo del 2010, con i mezzi e i supporti di cui dispone, credo non abbia più il diritto di sedersi in una sala, davanti ad uno schermo, assistendo passivamente alla proiezione di un filmato che raffiguri un “wonderful world che non esiste più, o non ancora”, ma abbia il dovere di usare tutte le risorse, intellettive, tecnologiche, digitali, che la cultura contemporanea gli mette a disposizione, acquisendo una nuova forma mentis che inquadri i problemi con nuovo senso critico e decida di affrontarli con costruttiva creatività.

lunedì 1 novembre 2010

La città europea: un modello in decadenza?

Il paesaggio della vecchia Europa è caratterizzato da almeno un millennio da una tradizione urbana che ha prodotto un modello di città con caratteristiche peculiari di assoluta originalità; ma questo modello ha un futuro oppure è destinato ad una inevitabile decadenza, sotto la spinta di una globalizzazione che rende intere parti del territorio delle città europee assolutamente uguale ad un quartiere di Pechino o di Tel Aviv? E'questa l' angosciata domanda alla quale cerca di dare una appassionata risposta Marco Romano nel suo intrigante libro "Ascesa e declino della città europea" (Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, pp. 198 € 18,50). L' autore ripercorre la genesi e lo sviluppo della millenaria tradizione urbana europea, dominata da un comune sforzo estetico delle sue componenti pubblica e privata secondo il binomio utilitas/decus che governa questo impegno. E' la città dello sforzo di edificazione dei privati cittadini nonchè delle piazze, dei palazzi pubblici, delle cattedrali e poi dei boulevard e dei vari luoghi tematizzati, luogo di forte identità, una immagine di città anche potentemente inserita nel paesaggio e nella storia italiana, che possiamo trovare facilmente rappresentata e simboleggiata negli affreschi del Buon Governo del Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena, non a caso città fortemente evocativa di questa tradizione urbana. Ma, secondo Romano, la città europea così come l' abbiamo conosciuta per un millennio è ora pesantemente minacciata fino a indurre a dubitare sulla sua futura sopravvivenza. A minare la sua essenza sono le anonime periferie costruite come piccole città autonome, nel migliore dei casi pianificate come autosufficienti, nel peggiore dei casi prive di tematizzazione, ma comunque scollegate dalla parte di città rimasta nell'alveo della tradizione. Anche la presenza sul territorio europeo, per effetto della globalizzazione, di varie culture che hanno un approccio diverso rispetto a tematiche come l' abitare e la stessa concezione e vivibilità dei luoghi della città, pone grossi interrogativi circa la sopravvivenza della tradizione della città europea. Pur considerando con la massima preoccupazione l' attuale situazione della nostra millenaria città, l' autore confida e spera nella non ineluttabilità di un declino. Per quanto ci riguarda, crediamo che, di fronte a questo millenario patrimonio di bellezza che ha magnificamente risposto all' esigenza dell'uomo europeo di vivere insieme agli altri, valga la pena ricercare con forza le ragioni per rilanciare questa eredità di oltre mille anni, ragioni che consentano nel prossimo futuro ad un nuovo Lorenzetti di dipingere con orgoglio una rinnovata città europea, generata dalla sua storia.