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martedì 12 ottobre 2010

Un paesaggio... “da favola”?

Sicuramente quello della Costiera Amalfitana, come molti altri sparsi sul territorio italiano, è un paesaggio da favola. Ma lo è di per sé: per il suo impatto emotivo, per la sua storia, per quello che rappresenta, per quello che comunica. C'è davvero bisogno di aggiungere elementi decorativi (innocui, d'accordo, ma di gusto quantomeno discutibile) ad una bellezza naturale, che non chiede null'altro che di essere ammirata e rispettata? O meglio: l'eliminazione di detti elementi decorativi, può davvero essere considerata una mancanza insopportabile e venir percepita come una privazione e un sopruso?
Sto alludendo ovviamente alla polemica, nata qualche mese fa, dopo la decisione del Sindaco di Furore, cittadina della Costiera Amalfitana appunto, di far rimuovere gli ormai famosi “nanetti di Biancaneve” , che da anni siamo ormai abituati a veder spuntare tra l'erba di prati ed aiuole, e non solo a Furore!
Prendo spunto da questa vicenda, per riflettere su un tema che a COMMONLANDS sta molto a cuore: il recupero del valore emozionale di un territorio e di un paesaggio.
E' ovvio che ognuno di noi è libero di addobbare la propria proprietà privata come meglio crede, ma quello di cui qui si discute, è se il PAESAGGIO, considerato un bene comune, sia un'entità degna di tutela e, in quanto tale, se possa essere soggetto destinatario di provvedimenti, che ne garantiscano non solo la salvaguardia, ma la valorizzazione.
Questo sindaco si è reso, a mio parere, protagonista di un'azione tanto provocatoria quanto meritevole, azione cui forse non è stata data la giusta interpretazione. Come era prevedibile, si è gridato allo scandalo, perchè in un Paese dove la malavita imperversa, la corruzione dilaga ed il lavoro scarseggia, in un piccolo comune è stata adottata un'ordinanza che "dichiara guerra a Biancaneve & co.". La Pubblica Amministrazione perde tempo! Considerazioni giuste, per carità, ma troppo scontate e superficiali.
Il punto è proprio questo: la poca sensibilità, che ormai tutti noi abbiamo, verso temi considerati di secondo piano. Impegnati come siamo a discutere su problematiche che l'agenda setting dei mass media ci propina quotidianamente, abbiamo perso il gusto e la capacità di occuparci di piccole cose che ci riguardano da vicino, che ci appartengono e ci accomunano. E' doveroso, a mio parere, riflettere su come lentamente si sia scivolati in un analfabetismo emozionale, che ci ha reso incapaci di distinguere tra il concetto di bello e quello di abbellito. Ormai la ridondanza è all'ordine del giorno in tutto quello che ci circonda: sembra quasi che l'uomo non sia più capace di godere e apprezzare ciò che lo circonda, senza aggiungerci qualcosa in più , qualcosa che lasci un segno, una traccia indelebile della sua presenza.
Un territorio, un paesaggio, uno scorcio, un vecchio sentiero, vanno preservati nella loro identità originaria, proprio per il valore intrinseco che hanno e per il valore aggiunto che riescono a dare a chi è in grado di goderne. Possiedono al loro interno una capacità identificativa della cultura che li ha prodotti, che va valorizzata e diffusa, in quanto patrimonio comune, fruibile da tutti, esattamente come lo rappresentano un quadro, un capolavoro della scultura, uno disegno di Leonardo. Temi come cultura, valorizzazione e tutela delle cose comuni, ricerca e certificazione del bello, sono spunti utili alla crescita individuale e al progresso di tutti.
E infine, per rimanere in sintonia con la nostra favola, lanciamo anche noi una piccola provocazione: cosa succederebbe se, per amore di protagonismo e in nome della ridondanza, qualcuno decidesse un giorno di far sgranocchiare a Monnalisa una bella...mela avvelenata?

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