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mercoledì 22 giugno 2011

Diario di Bordo di Francesco Gallucci

In giro per la città assorbendo colori, suoni, odori e paesaggi in un turbinio senza fine. Palermo va dritta al cuore e mi cattura anche se provo ad opporre la resistenza della ragione. Non funziona! Palermo è come Nuova Delhi o Istambul, tutte città che ti parlano con il linguaggio dei sensi e delle emozioni (la ragione viene dopo, molto dopo). Palermo ha tutte le carte in regola per diventare un "marca emozionale" come Firenze e forse come Venezia. Gli ingredienti ci sono tutti: cultura, storia, arte, cibo e gastronomia di grande tradizione (ne so qualcosa), paesaggi (che vista dall'eremo di Santa Rosalia!), accoglienza, capacità, anzi, voglia di relazione tra le persone, voglia di aprirsi al mondo e di entrare a pieno diritto e da protagonista nel novero delle città imperdibili. Voglia di crescere e capacità imprenditoriali non mancano di certo. L'incontro di presentazione del mio ultimo libro "Marketing emozionale e neuroscienze" (Egea 2011) organizzato da Simona Pantaleone presso la Libreria Flaccovio è stato molto stimolante, tante domande e molti i temi sollevati dai partecipanti. Segno di una vitalità intellettuale che la città esprime e che deve trovare sbocchi in nuovi progetti e idee innovative. Ammetto che l'argomento che più mi intriga ( e non da adesso ) è lo sviluppo del "centro commerciale naturale", ovvero come riappropriarsi di un modello tipicamente italiano e centroeuropeo del tardo medioevo che il consumismo di matrice americana ha rielaborato nella forma che ben conosciamo degli shopping center. Dopo un quarto di secolo di proliferazione dei centri commerciali naturali ora si cominciano a vedere le prime crepe, le disfunzioni cognitive (ansia, stress) che lo shopping concentrato in poco tempo e in poco spazio stanno creando nei consumarori post-moderni, a Palermo come a Milano. In questi 25/30 anni si sono formate almeno due generazioni consumarori postoderni: i più "anziani" che però da piccoli venivano portati a fare shopping seduti nei carrelli della spesa tra detersivi e cioccolatini e I "nativi digitali" che stanno elaborando una visione del mondo, quindi anche dei luoghi dello shopping, che è fatta più di "bit" che di "atomi", ovvero il mondo come rappresentazione fisica dei soggetti e dei prodotti che vivono in Rete. Quest scenario è destinato ad ulteriori evoluzioni (imprevedibili) con l'avvento delle terza, quarta, quinta generazioni nuovi consumatori. Come fare a reindirizzarli, anche se parzialmemte, sugli "atomi" ovvero sulle strade del centro di Palermo, recuperando il piacere di visitare I negozi, I musei, le piazze o I ristoranti? E come fare a rendere visibile e appetibile Palermo per quel miliardo e più di neo turisti mondiali (in gran parte già abitanti della Rete) al punto da indurli a scegliere di spendere un budget da 4 mila euro per portare la famiglia da Bombay a Palermo? Naturalmente ho qualche idea su come farlo (il riferimento alle emozioni è inevitabile). Tuttavia vorrei aprire un dibattito, coinvolgendo prima di tutto le persone che ho incontrato a Palermo on questi giorni ma anche chiunque ne abbia voglia o abbia il desiderio di esprimere le proprie idee e condividerle. Grazie a tutti